02.05.06

Uru-guai 2

Quanto tempo è passato, no? E stiamo ancora qui, ma le cose nel frattempo hanno continuato a fracicarsi. Cerco di mettere insieme le tre quattro cose che ho capito - con lodevole sforzo.
Uno, il governo precedente dell'Uruguay deve aver firmato un paio di contratti poco equilibrati, di quelli in cui l'impresa porta due panini e lo stato mette il cestino di vimini, la macchina, il plaid, il prato, il sole, le ragazze, la fanta, l'insalata di riso, il termos del caffè e garantisce che non ci saranno formiche. Libertà di manovra per il governo attuale (contrario all'epoca della firmetta), pochina.
Due, le regole che non esistono all'interno, o non vengono rispettate, diventano fondamentali quando c'è di mezzo un agente estero. E' la sindrome del macdo'. Un caso di uremia emolitica in un mac pesa più di 30 casi sparsi, e i controlli alimentari rimangono gli stessi. Ovviamente le dimensioni delle fabbriche future non sono comparabili con quelle delle analoghe nazionali, ma non si vedeva molta agitazione per gli impatti.
Tre, ho qualche dubbio che l'interesse dalla parte nostra sia realmente quello di risolvere il problema. Dopo qualche riunione bilaterale di esperti finita in stallo, da settimane lo sforzo maggiore è quello di organizzare un summit fra i due presidenti (vedi quattro). Siccome le condizioni poste da uno e dall'altro non sono mai soddisfatte completamente (esempio, rimozione dei blocchi stradali di qua, 90 giorni di blocco dei cantieri di là mentre si fa la VIA), il summit viene annunciato e rimandato due tre volte in modo abbastanza imbarazzante. Uno cattivo penserebbe che serviva solo per la foto e per le dichiarazioni trionfali.
Quattro, il mio ideale noioso di politica è che un problema tecnico ed eventualmente diplomatico lo debbano risolvere i tecnici e se serve i diplomatici, _non_ i presidenti della repubblica. Anche perché se poi le cose non vanno a buon fine (perché le imprese non collaborano, gli ambientalisti non mollano, le notizie (...di che fonte?) sull'isolamento internazionale dell'Uruguay escono un giorno e devono essere smentite amaramente il giorno dopo, il Mercosur si defila, e la Finlandia che si è cercato goffamente di mettere in mezzo ci sbatte la porta in faccia) o ci si ritira in silenzio o si deve alzare sempre di più la voce. C'è un brillante commentatore di una radio locale che spiegava che i prossimi inevitabili passi potrebbero essere la rottura delle relazioni diplomatiche, un lodo internazionale, e se poi va male, la guerra (sic). Io credo fermamente che questo qua cià i cereali con la segale cornuta dentro al latte. Il prossimo passo intanto è una riunione di affermazione nazionale del presidente con assortimento di governatori e amministratori locali vari a Gualeguaychù, sul fiume, di fronte alle fabbriche in costruzione. Qualcuno dice che è una strategia d'uscita, fare la voce grossa sul confine e poi ritirarsi e non parlarne più mentre il reclamo si stagiona alla corte dell'Aja. Uhm, mumble mumble.
Escrito por marigold a las 02.05.06 00:41
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